Volontà

"L'unica guerra persa è quella che si ha paura di combattere"


domenica 20 luglio 2008

Credete ancora che un nuovo 1929 sia impossibile?


Ecco le file dei risparmiatori davanti alle banche per ritirare i depositi: si sta ripetendo in USA ciò che avvenne nel ‘29. Wall Street che crolla, come allora. Le «solide» istituzioni finanziarie che devono essere messe sotto la tenda a ossigeno.

Il crack speculativo con la svalorizzazione degli «attivi» di carta (fase uno) che si trasmette alle banche commerciali (fase due) e si ripercuote nell’economia reale, con chiusure di aziende, licenziamenti in massa, insolvenze a catena nel ceto medio, caduta verticale dei consumi (fase tre).

In Gran Bretagna, la polizia ha proposto seriamente di istituire di nuovo il «servizio nazionale», come si fece nel 1945, per occupare i giovani senza lavoro e senza titolo di studio - i più proni alla delinquenza - in opere sociali e lavori pubblici.

E’ la fase quattro: anche Roosevelt, negli anni ‘30, irregimentò milioni di disoccupati, per occuparli in opere pubbliche.

La fase cinque può essere quella del razionamento, delle economie pianificate per la necessità imposta dalla penuria, delle tessere alimentari: a ciascuno tanti grammi di grassi, tanti di proteine, tanti di farina.

Si sta ripetendo tutto ma con qualche aggravante: i prezzi di petrolio e alimentari, che dopo il ‘29 erano al minimo (deflazione), ora continuano a salire nonostante la stagnazione (stagflation). E' peggio che nel ‘29, il centro dell’impero mondiale è senza comando, con un presidente screditato e in uscita, senza iniziativa e senza autorità; e il suo successore non entrerà in carica che fra molti, lunghissimi mesi.

Le stesse avidità stolte e insaziabili, lo stesso capitalismo svincolato da ogni regola, ha prodotto la stessa rovina. Ovviamente, anche le stesse menzogne.

I media ripetono ai risparmiatori USA davanti alle banche: niente paura, i vostri depositi sono garantiti dallo Stato. Infatti esiste il Federal Deposit Insurance Co (FDIC), che in caso di insolvenza paga depositi fino a 100 mila dollari. Solo che il FDIC dispone, per queste garanzie, di 52.8 miliardi di dollari. E ne ha già spesi 8 solo per salvare i depositi di una sola banca, la IndyMac; e le banche che diventeranno insolventi nei prossimi mesi saranno - secondo le stime - tra le 150 e le 300; persino il FDIC, che ha l’obbligo dell’ottimismo ufficiale, calcola che saranno una novantina.
I suoi fondi bastano per sei o sette banche!!!

Ci sono banche e ditte di costruzioni, alla ricerca disperata di liquidità, che emettono obbligazioni al 7,5%, e che sui conti correnti danno il 6,45%! Se vi fidate, se avete i nervi d’acciaio, sappiate che quegli interessi parlano di insolvenza imminente dei debitori.
Anche questa lugubre euforia è una replica del 1929.

Ma il particolare è comunque istruttivo: dice che nonostante le «iniezioni di liquidità» fatte dalle Banche Centrali, nonostante la riduzione dei tassi primari da parte della Federal Reserve al 2,5%, il costo del denaro è comunque rincarato in modo proibitivo, chi ha soldi da prestare chiede il 7-8% come minimo.

Il credito facile, la causa delle allegre bolle finanziarie che stanno scoppiando una dopo l’altra,è finito C’era tantissimo «denaro», ed ora di colpo non ce n’è più, s’è prosciugato. Eppure le Banche Centrali americane ed europeee hanno alluvionato di liquidità le banche e i fondi speculativi; questo denaro dovrebbe circolare in massa nel sistema, provocando inflazione ma mantenendo lubrificata la grande giostra. Invece la giostra è a secco, cigola, si arresta.

Dov’è finito quel fiume di liquidità? Semplice: le banche se lo sono messo nelle riserve in copertura delle perdite subite e di quelle che si aspettano. Non lo prestano.

Così, avviene un fenomeno inaudito: la massa monetaria (la moneta di tutti i tipi, da M1 a M4), in USA ed Europa si è striminzita anzichè aumentare. Ciò segnala che è in atto una deflazione, mentre i rincari delle merci segnalano inflazione.

«Se le Banche Centrali reagiscono in eccesso alla fiammata inflattiva provocata da greggio e granaglie - scrive Evans-Pritchard - possono innescare una spaventosa catena di eventi». Ossia aggravare la deflazione, instaurando la replica della Grande Depressione.

Claude Trichet, il capo della Banca Centrale Europea - c’è bisogno di dirlo? - sta facendo proprio questo. Equivocando il senso dei rincari (dovuti a petrolio, quindi fuori della sua possibilità di azione) ha scelto di combattere un’inflazione che non esiste in termini monetari, mantenendo altissimi i tassi d’interesse.

Il 4.5%, misura «irresponsabile» l’ha definita Zapatero, perchè condanna alla recessione la Spagna, dove il 20% dell’economia è costituito dall’edilizia, e dove quasi un milione di case sono invendute perchè i mutui sono troppo cari.

Trichet, duro nella sua dottrina, mantenendo assurdamente divaricato il differenziale tra il tasso europeo e i Buoni del Tesoro americani, ha ottenuto solo una cosa: che fiumi di denaro rovente si sono rifugiati nell’euro abbandonando il dollaro che rende meno e si squaglia; con ciò, ottenendo un euro assurdamente forte, che strangola le esportazioni. Al punto che l’Europa crolla a picco prima ancora dell’America.

Il solo dato positivo è che gli speculatori, ormai, ritengono l’euro sopravvalutato del 20-30%. Entro due anni lo abbandoneranno, e l’euro tornerà debole - com’è debole l’economia reale europea - e tornerà competitivo. Se saremo ancora vivi, s’intende.

Per allora, il dollaro sarà sparito come riserva mondiale, e colossi come Cina e Giappone - che siedono su montagne di dollari - avranno ancora voglia di comprare le cravatte di Armani al 20% di sconto? Saremo competitivi, ma nel gelo globale del consumo.

Trichet sta cercando di domare il rincaro del greggio provocando l’ulteriore abbassamento dei salari reali in Europa, già erosi dall’inflazione reale degli anni scorsi: fa calare la benzina togliendoci i soldi per comprarla, e anche il posto di lavoro da cui prendiamo i salari. E’ una scelta inumana, ossia da banchiere e burocrate.

Si sta formando in ritardo, come nel 1929, la coscienza che è in atto non una recessione, ma la Depressione.

Ha osato scrivere la parola sir William Rees-Mogg, influente eurocrate e opinionista del Times. Dopo una vita di menzogne liberiste, ora che ha raggiunto gli 80 anni, si permette di dire la verità. Per la prima volta su un grande giornale, un potente columnist che è anche membro dei poteri forti, evoca la Grande Depressione.

Il Dow, l’indice azionario di Wall Street, non tornò ai livelli pre-29 se non un quarto di secolo dopo, alla fine del 1954, scrive Rees-Mogg; se la storia si ripete, «il mercato azionario tornerà ai livelli del 2007 nel 2032».

Avremo 25 anni di vacche magrissime: uno spazio grande per una vita umana, e milioni di vite umane passeranno dalla giovinezza alla maturità nella miseria e nella caduta di speranze e prospettive. Il peggio è il sospetto che tutto questo, il crack, il caos e la rovina di milioni di vite, sia voluto, progettato.

Era il 1994, e David Rockefeller parlava allo United Nations Business Council. Disse: «We are on the verge of global transformation. All we need is a major crisis, and the nations will accept the New World Order». «Siamo sulla soglia di una mutazione globale. Ci manca soltanto una cosa: una crisi rilevante, e le nazioni accetteranno il Nuovo Ordine Mondiale».

Stranamente, ha ripetuto in questi giorni la stessa cosa George Bush senior, l’ex-presidente ed ex capo della CIA, il padre dell’alcolista subnormale alla Casa Bianca: «Da questi tempi di sconvolgimento può emergere il nostro obbiettivo, un Nuovo Ordine Mondiale».

Tutto previsto quindi?
Si preparano ad imporci l’ordine totale?

Se ancora non credete alla gravità della situazione voglio segnalarvi alcune cose:

1) il gruppo immobiliare spagnolo (tra i piu´grandi in spagna) Martinsa-Fadesa e´ INSOLVENTE...le vacche grasse son belle che finite per il mercato spagnolo;
2) Fannie Mae e Freddy Mac sta per fare BOOM nonostante la scialuppa di salvataggio lanciata dal tesoro Usa e da bernake...stiamo parlando di 5.300 Miliardi di dollari di capitalizzazione pari a circa il 40% del Pil usa....fallite loro crolla tutto giu´ come un castello di carte;
3) Date un'occhiata all´indice azionario di Francoforte (cioe´dell´unica economia europea che ancora regge) -25% in un anno, con giganti come Deutsch Bank - 51% Daimler e Commerzbank - 45% Bmw - 42% etc.;
4) Shangai -50% in sei mesi;

Vi chiederete cosa sono Fannie Mae e Freddy Mac,ebbene non sono personaggi di Walt Disney.
I due enti si chiamano in realtà Federal National Mortgage Association, e Federal Home Loan Mortgage Corporation,in questo momento la loro insolvenza sta portando al disastro totale il sistema americano.

La prima fu creata nel 1938, nel pieno della Grande Depressione, come strumento del New Deal del presidente Roosevelt. Lo scopo: fornire mutui a basso tasso, onde consentire agli americani di acquistarsi la casa e così rimettere in moto una ripresa economica trainata dall’edilizia, potente motore perchè a sua volta trascina un grande indotto (mobili, cemento, legname, ceramiche eccetera). Freddie Mac fu creato nel 1970 con lo stesso scopo.

Il grosso problema è che le due istituzioni non sono statali: lo impedì, l’ideologia vigente, che restava liberista assoluta, pur nella Depressione. Il Congresso non volle alcuna «statalizzazione dell’economia»; Fannie Mae, come società privata, doveva cercarsi i capitali in Borsa. Ma come convincere i capitalisti a investire nei mutui, nel 1938?

Il trucco fu di chiamare Fannie (come poi Freddie) «imprese private» sì, ma «sponsorizzate dal governo»: sottintendendo che magari, in caso di guai, il governo sarebbe intervenuto a salvare le due agenzie. Forse sì forse no. La cosa fu lasciata volutamente nel vago. Del resto non c’è stato mai bisogno di mettere alla prova quella mezza promessa. Fino ad oggi.

E' necessario puntualizzare che nè Fannie nè Freddie hanno alcuna colpa nel disastro finanziario dei mutui.Esse sono strettamente regolamentate per legge, non hanno fatto prestiti a potenziali insolventi. Un «prestito sub-prime» è precisamente, per definizione, ciò che le due agenzie non devono fare. Prestano solo a persone che versano in contanti un congruo anticipo sulla casa, e che possono dimostrare un reddito certo e documentato. Sono imprese sane, alla vecchia maniera. Come mai, allora, sono al tracollo?

Il problema nasce dal fatto che erano sottocapitalizzate.Spieghiamoci meglio:durante gli anni scorsi l'euforia finanziaria dovuta al miraggio degli alti interessi dati dai mutui subprime ha spinto gli speculatori a ritenere poco appetibili le azioni di Fannie e Freddie, tali azione furono consideraate "poco speculativamente redditizie". Le due agenzie hanno dovuto cosi raccogliere capitale, anzichè in Borsa, indebitandosi: emettendo titoli a interesse.
Con il crollo attuale del mercato azionario, anche le azioni di Freddie e Fannie sono state duramente colpite, per il solo fatto che i valori degli immobili abitati dai loro creditori sono crollati. Gli «attivi» di Fannie Mae, ossia gli immobili ipotecati a suo favore, sono caduti del 66% e continuano a scendere; Freddie Mac, stessa situazione.

Oggi, quest’ultimo deve ai suoi creditori (i detentori delle sue obbligazioni) 5,2 miliardi di dollari più di quanto abbia come «attivi» ai valori attuali, e dunque è tecnicamente insolvente. Si è presentata dunque la necessità di vedere il trucco dello Stato: salverà Freddie e Fannie, o li lascerà fallire, come imprese private? Bernanke è corso al salvataggio.

Inevitabile: quelle due istituzioni sono troppo grosse per fallire. Se cadono quelle, il disastro è immane, inimmaginabile. Le due istituzioni non sono in grado di attrarre capitali senza l’aiuto del governo; e più la loro situazione di crisi dura, più il sistema finanziario nel suo insieme è costretto a fare liquidità svendendo «attivi» nel mercato d’oggi, che non vuole comprarli; con ciò, innestando una nuova e apocalittica spirale di ribassi, dove tutti offrono in vendita azioni e titoli e nessuno le compra.

Ma le due istituzioni sono troppo grosse anche per essere salvate. Insieme, Fannie e Freddie possiedono o garantiscono la metà dei mutui in essere negli USA, ossia 6 trilioni (6 mila miliardi) di dollari. Tanto per capire cosa significa questa cifra William Engdahl ricorda: 12 trilioni è il prodotto interno lordo dell’intera Unione Europea. Dunque Fannie e Freddie «pesano» quanto la metà del pil di 27 Paesi ricchi del primo mondo, tre volte il PIL della Germania.

La Federal Reserve, già dissanguata dai salvataggi delle banche private e speculative, deve accollarsi anche questo peso titanico. Che finirà, prima o poi, direttamente o no, per pesare sui contribuenti USA, già al lumicino. Ma questo poi. Di fatto, nell’immediato, Bernanke deve raccogliere denaro emettendo nuovi titoli di debito (BOT americani); al minor costo possibile. Ma può?

Già i BOT USA rendono il 2,5%, contro il 4,5% di quelli europei: chi li acquista, li acquista solo finchè ritiene che gli USA siano ancora la più grande e solida economia mondiale. Illusione difficile da mantenere, di questi tempi.
Di mondiale, gli USA hanno il debito.
Solo per finanziare il suo deficit dei conti correnti, deve chiedere 700 miliardi di dollari annui a Paesi stranieri ricchi di riserve, Cina, Russia, emirati petroliferi.
Deve assolutamente continuare a rendere appetibili i suoi BOT a Paesi che Bush non si è reso proprio amici, e già sono allarmati dalla perdita di valore del dollaro, e fin troppo tentati di cambiare le loro riserve in euro o yen.

E’ qui l’insolubile enigma che la Sfinge del liberismo terminale pone a Bernanke.
Se continua a fornire liquidità illimitata al sistema per tentare di prevenire il collasso generale delle banche, fa fuggire gli investitori esteri dai Buoni del Tesoro USA, e dunque decreta la fine del dollaro.
Se invece alza i tassi d’interesse per attrarre i capitali esteri e frenare l’inflazione, decreta altri milioni di fallimenti dei suoi debitori con mutuo sub-prime, e la fine delle banche in rovina, incapaci di pagare interessi più alti.
Qualunque cosa faccia, sbaglia.

Negli anni ‘90, anche il Giappone conobbe lo scoppio della bolla speculativa immobiliare e di Borsa: potè tagliare i suoi tassi d’interesse a zero - e fu lo stesso durissima recessione - perchè il Giappone non è indebitato con l’estero, anzi i suoi cittadini erano pieni di risparmi. «Per gli USA è difficile imitare il Giappone», dice Alex Patelis, capo economista internazionale di Merrill Lynch: «Gli stranieri non darebbero i capitali» a interessi zero. Ovvio.

Anzi, è pericolosamente vicino il momento fatale in cui gli stranieri si chiederanno se non devono disfarsi in fretta delle loro montagne di dollari, anche di quelli in obbligazioni «sicure», valutate dalle agenzie di rating con tripla A: come quelle di Fannie e Freddie, ritenute «sicure» perchè «garantite dallo Stato» (sì e no, come s’è visto). Circa 1,5 trilioni di dollari di obbligazioni Freddie e Fannie sono oggi in mano a stranieri, privati e (più spesso) Stati, fondi sovrani. Non si sa fino a quando durerà la pazienza di questi Stati sovrani esteri nel sopportare il deprezzamento del dollaro e le perdite che subiscono sui loro investimenti in USA.

Iroshi Watanabe, il governatore della Banca Centrale nipponica, ha già avvertito le banche e assicurazioni giapponesi di «andar caute» con i titoli americani, anche delle grandi agenzie «sponsorizzate dallo Stato». A tutti sono venuti i brividi.
Cosa farà la Cina?
«Andrà cauta» come Tokio?

I responsabili americani non se ne allarmano troppo: la Cina è legata a filo doppio all’economia USA, il suo maggior mercato, e non può permettere il collasso di Fannie e Freddie, e dunque del dollaro; sarebbe suicida. E la Russia? Mosca detiene 530 miliardi di dollari in riserve, BOT e obbligazioni USA.
Non ha ragione di essere amichevole verso l’America, che le ha piazzato contro i famosi missili-antimissile in Polonia, e che sostiene l’entrata di Ucraina e Georgia nella NATO.

Per convincere Putin a non dare il colpo finale agli USA, liquidando i suoi dollari (ecco la vera bomba atomica), bisognerà andare ad un patto extra-economico, altamente politico: abbandonare l’espansione della NATO, per esempio, in cambio di assicurazioni che Mosca non darà il colpo di grazia al sistema finanziario americano. Questo sarà il compito del prossimo presidente. Ma il suo insediamento è ancora lontano. Troppo lontano, per una crisi che si avvolge in una spirale catastrofica a velocità tremenda.

Come si vede, vengono al pettine tutti i nodi del liberismo ideologico. Bernanke ha abbandonato il dogma - lasciar fallire le banche, nelle mani del «mercato» - e attua pesantissimi interventi pubblici nell’economia: ma solo per salvare gli speculatori che si sono rovinati coi loro azzardi. A spese del contribuente, che i giocatori d’azzardo hanno ridotto alle corde. Le banche in fallimento sono nazionalizzate di fatto.

Viene al pettine anche l’equivoco di Fannie e Freddie, aziende «private», ma «sponsorizzate dallo Stato».
Al dunque, questo equivoco si è ridotto al solito vecchio trucco capitalista: privatizzazione dei profitti, socializzazione delle perdite.
Finchè Fannie e Freddie prosperavano, a goderne i benefici sono stati gli azionisti privati; ora che vanno male, a coprire le perdite è lo Stato, ossia i contribuenti. Si statalizza senza dirlo: il che è criminoso, perchè nasconde l’intenzione di ritornare al privato libero e senza freni, appena le cose andranno meglio.

Questa la conclusione di un blogger che si firma Uriel (www.wolfstep.cc): "visto che l’America liberista sta già statalizzando", dice Uriel, «non sarebbe ora, una buona volta, di capire che la finanza è una attività di competenza dello Stato (tanto, alla fine i soldi per tirarci fuori dalla m… ce li mette sempre lo Stato), ed iniziare a statalizzare banche, assicurazioni, Borse e quant’altro? Non sarebbe ora di capire che il libero mercato nel mondo finanziario è un fallimento continuo, un parassitismo che produce solo miseria, e di assoggettarlo completamente ai voleri (ed agli obiettivi) dello Stato, che nelle democrazie almeno risponde al cittadino? Tanto, i costi saranno i medesimi, visto che alla fine è sempre lo Stato che paga... Finora siamo vissuti credendo che il mercato, per via di una ‘mano invisibile’, sia dotato di etica, un’etica propria. Oggi stiamo vedendo che, se facciamo una sintesi degli ultimi 2000 anni di storia, l’unico ente sovrasociale che veramente ha mostrato finalità etiche (giuste o sbagliate che siano) è lo Stato. Non sarebbe ora di ripensare questi assunti, quello secondo cui il mercato sarebbe intenzionato a produrre ricchezza diffusa (cosa che NON è), e quello dello Stato che affama con le tasse, quando la verità che emerge dalla storia è che le uniche e poche garanzie al cittadino vengono sempre e solo dallo Stato, mentre dal mercato è sempre e solo arrivata una rapina?».

Lo Stato, oggi,non ha la «cultura» per assumersi queste responsabilità verso i cittadini!
Ci vorrebbe un grande saggio,attorniato da persone che vogliano bene al loro paese !

Decenni di «liberismo» ideologico, subito intesi come «ognuno per sè», hanno corrotto fino al midollo i politici e governanti, ne hanno fatto degli insaziabili percettori di tangenti e costosi parassiti dei cittadini-lavoratori. Non vorrei che le banche, Borse e assicurazioni, statalizzate, finissero in mano ai vari Del Turco, Prodi ,Visco ,Veltroni o Berlusca.

Qui, occorre una etica del servizio pubblico, che s’è volatilizzata. Li abbiamo visti all’opera: ladri di fondi pubblici, saccheggiatori di enti previdenziali e sanitari, tassatori punitivi, assuntori di fancazzisti, hanno lasciato abbassare le paghe ed aumentare i prezzi in modo indegno per dei «governanti».

Una volta, in Italia, ricorda Uriel, c’erano i consorzi agrari che accumulavano riserve alimentari, calmierando i rincari; c’era anche, il Comitato interministeriale Prezzi (CIPE), che - quando per decreto lo Stato vietava gli aumenti di salario per non creare inflazione - dal canto suo tentava di scoraggiare i rincari dei prezzi, e in parte ci riusciva.

Non so come la pensiate voi ma stiamo per affrontare tempi veramente duri,un consiglio:anticipate i tempi ,tutti a ritirare i soldi dai conti corrente!

7 commenti:

Wil ha detto...

Caro V, il tuo impegno e la passione nel discutere argomenti così ostici ed articolati ti fa onore.

Anche oggi sul Corriere vengono sottovalutati i segnali scoraggianti, sia in ambito politico che economico, che caratterizzano questo momento.

Sappiamo che l'italiano tira fuori artigli e coraggio soprattutto durante o dopo le crisi, quelle pesanti.

Per una volta sarebbe bello reagire prima, per evitare il peggio.

Ho letto di Napoli, se ti va raccontami un po' più nel dettaglio che hai visto e sentito. Grazie.

LuisaB ha detto...

ciao "V", anch'io noto troppe assonanze con il tristemente famoso '29, che ci sia qualche "grande guerra" dietro l'angolo?...ma noi cosa diavolo ci facciamo qui? E' questa la vita? Che senso ha tutto questo? Sto veramente entrando in crisi, sento veramente bisogno di uno spiraglio di luce. Mi sento comunque di ringraziarti per quello che fai, per la costanza, la passione con cui stai cercando di aprire gli occhi a chi non sa e ha voglia di ascoltare. Essere tanti e consapevoli è nell'interesse di tutti noi, grazie "V" continua così

Anonimo ha detto...

Ciao

Noto che anche tu sei un estimatore di Maurizio Blondet !

Tony

Andrea Collaone ha detto...

Complimenti per l'analisi.

E' solo quando perdi tutto che scopri veramente chi sei

V ha detto...

A causa della telecom sono stato assente in questi giorni.....
Ammiro tantissimo Blondet anche se è troppo religioso......

Wil ha detto...

Eila V, che ne pensi dell'adozione, in certe piccole realtà, di monete locali, come in questo video:

http://current.com/items/89148002_monete_locali_complementari

Ho paura che tra poco il nostro sistema collassi...debito pubblico irrefrenabile ed ingestibile sul groppone, crisi finanziaria alle porte, disastro nell'accaparramento petrolifero...

Siamo indotti ad accanirci su determinati settori, quando laffuori c'è un mondo.
6 miliardi di persone che si gettano sulla stessa fetta di torta, quando le restanti parti, volendo, sono disponibili...

V ha detto...

Ritengo le monete complementari un punto di partenza,magari un transito;l'importante è arrivare alla sovranità monetaria e ad inalzare la riserva frazionaria!
Possiamo discutere di mille problemi,ma se non si modificano queste due cose non si risolve nulla!