Volontà

"L'unica guerra persa è quella che si ha paura di combattere"


mercoledì 4 febbraio 2009

LA CULTURA DELLO SPRECO

Vorrei oggi proporvi un bellissimo articolo della mia amica Luisab per riflettere su come il mondo giri in maniera illogica e stupida,ecco l'articolo:

"Una delle cose che più mi fa imbestialire sono gli sprechi. Nel mondo dell’apparenza e della povertà interiore, nessuno si accontenta più di niente e si cerca sfogo alla propria sete di non si sa cosa, nel consumismo, ma la sete non si placa mai. Questa sete è generata da un insieme di scelte atte a costruire una cultura dell’usa e getta, poiché l’importante, per chi manovra i fili, è tenere la giostra in movimento, l’importante è produrre, cosa non interessa, basta che faccia aumentare il PIL, poi se è un bene di veloce consumo tanto meglio.
(Nota di V:Se non aumenta il PIL non si riesce a macherare la truffa del debito pubblico col rapporto debito\Pil e non si riesce a creare abbastanza denaro-debito in modo da tenere in sotto scacco il pianeta,il grasso banchiere ne sa una più del diavolo,o forse è esso stesso il diavolo?........).
Qualche decennio fa, quando l’industria non era diffusa come oggi, si costruiva per lo più su ordinazione, su misura; per i mobili si andava dal falegname col disegno, gli abiti si facevano su misura, non esistevano alimenti preconfezionati da acquistare in quantità standard, si andava al negozio e si comperava il necessario, questo faceva sì di limitare innanzitutto gli avanzi di merce invenduta ed andata a male ed in secondo luogo non alimentava in misura abnorme i rifiuti, come facciamo invece ora grazie al packaging. Con questo non voglio dire che dovremmo tornare indietro di 100 anni, ma di sicuro dovremmo metterci a riflettere seriamente per rendere le nostre scelte più responsabili.
Tutto questo ha principalmente origine da una carenza essenziale… il tempo.
Quello che fondamentalmente ci è stato depredato dalla cultura industrializzata è il tempo per fare tutto, ma principalmente quelle cose, che inspiegabilmente stanno pian piano diventando da vitali a marginali e fastidiosi accessori, divenuti di intralcio allo svolgimento delle nostre vite. Sto pensando ad esempio al cibo, alla cucina che un tempo era la stanza più importante della casa, dove ci si riuniva per mangiare, per stare assieme e scaldarsi, dove si nutriva il corpo, ma anche lo spirito, dove si realizzava nel migliore dei modi il concetto di famiglia intesa come unità.
Nei progetti delle case oggi non si parla più di cucina, ma di angolo cottura, non ci sono più le grandi tavolate per fare festa assieme e condividere la quotidianità con tutta la famiglia, spesso c’è un piccolo tavolo oppure addirittura una “penisola” dove si mangia quasi in piedi, seduti ad uno sgabello come al bar, la cucina non è più una camera a sè, ma fa parte di un’altra stanza, il salotto, dove generalmente risiede la “regina delle case moderne”… la televisione, che a dire la verità ormai è presente quasi in ogni stanza della casa! Eh già, perché fra le tante cose che non siamo più in grado di fare, c’è il concentrarsi su un’unica cosa alla volta.
Non siamo capaci di fermarci a leggere un libro, no, perché nel frattempo ascoltiamo con un orecchio il telegiornale che urla dall’altra stanza, con una mano rispondiamo agli sms sul cellulare e fra un messaggino e l’altro mastichiamo qualcosa di più o meno commestibile.
Passata l’epoca dei fast food sta tornando di moda la cultura del mangiare, non in casa ovviamente, ma al ristorante, ma più che voglia di condivisione, in alcuni casi è un semplice diversivo per concludere affari fingendo di fare amicizia, in altri è voglia di sentirsi più ricchi e importanti, mentre a volte è semplice voglia di trovare pronto ed evitare la scocciatura di lavare i piatti.
La vita di oggi è diventata una vera e propria corsa contro il tempo, quel pochissimo tempo che ci rimane dopo le 8, 9, 10 ore di lavoro quotidiane, quel pochissimo tempo che ormai sappiamo benissimo come gettare via, ma che non siamo più capaci di utilizzare.
Dicevamo, la carenza di tempo ha alimentato lo sviluppo dei super market, fantastici parchi giochi dove si trova di tutto, dagli elettrodomestici ai ristoranti, dall’abbigliamento al solarium, ci si possono passare intere giornate, passeggiando qua e là, addentando un panino di plastica, tra vetrine di plastica, che espongono accessori e oggetti vari di plastica, indossati da manichini di plastica, con un sorriso di plastica, perfette creature di marketing e design, atte ad invogliare l’acquisto di oggetti di valore pari a zero, che saranno da buttare dopo 2 volte che li usi, ma che… “fanno tendenza” e soprattutto… fanno girare l’economia, in altre parole “non si produce più per consumare, ma si deve consumare per poter continuare a produrre”.
(Nota di V:noto una certa affinità...)
Oggi l’usa e getta ha preso piede e si è sviluppato a livelli impensabili, siamo arrivati addirittura ad applicare questa pratica agli edifici, infatti si parla già delle strutture che si costruiranno a Milano per l’Expo 2015 che saranno in gran parte distrutte dopo la manifestazione, da sottolineare che il tema sarà “nutrire il pianeta, energia per la vita”.
Ma io mi chiedo, che senso ha tutto questo?
Utilizziamo energia, risorse di ogni genere per costruire enormi edifici di cemento che poi verranno subito distrutti, ma se vogliono giocare… che giochino coi Lego!!!
Perché devono giocare uccidendo l’ambiente e buttando via tante risorse che si potrebbero utilizzare in migliaia di altri modi, non per ultimo lo studio di nuove tecnologie e di energie alternative, che aiutano a preservare il pianeta anziché distruggerlo, è così che ci insegnano a nutrire il pianeta?
E di cosa lo nutrono?
Di cemento, macerie e rifiuti?
L’uomo non è capace di imparare dai propri sbagli, continua a compiere sempre lo stesso errore, trovata una risorsa abbondante, la sfrutta al massimo come fosse infinita e si ritiene quindi autorizzato a sprecarla nei modi più stupidi, senza pensare che quello che oggi troviamo senza difficoltà e in grandi quantità, sicuramente andrà pian piano a esaurirsi. Così è accaduto per il legname, risorsa che sembrava essere infinita, ma che pian piano è andata diminuendo, allo stesso modo il carbone è stato sfruttato finché non è diventato antieconomico estrarlo, ma la lezione ancora non l’abbiamo imparata ed ecco che la storia si ripete con il petrolio.
Negli anni ’50 il geofisico Hubbert stabilì che lo sfruttamento delle risorse di un giacimento di petrolio segue un andamento a campana, cioè inizialmente cresce sempre più, fino al raggiungimento di un picco di produzione massima, che corrisponde all’esaurirsi del petrolio di superficie, quello più fluido che sgorga quasi spontaneamente e per questo è più facile da estrarre, da quel momento in poi le risorse ricavate da quel giacimento non potranno fare altro che diminuire pian piano, poiché più a fondo si andrà a trivellare, più costoso sarà il processo di estrazione e maggiori saranno anche i costi di raffinazione, poiché il greggio sarà sempre più mescolato ad altre sostanze, quali lo zolfo ad esempio. Pare che già diversi Paesi produttori abbiano raggiunto il famoso picco massimo di produzione e che gli altri lo raggiungeranno entro il prossimo anno (eccetto l’Arabia Saudita per cui è previsto per il 2017), cosa faremo quindi quando per estrarre il prezioso oro nero, dovremmo spendere più di quanto ne ricaveremmo? Ma soprattutto, in un ottica di richiesta di energia sempre crescente, pensiamo di risolvere il problema continuando a utilizzare il petrolio a dismisura per girare in città con i fuoristrada, per andare al lavoro perché fa molto figo e al peggio ci penseremo poi quando ormai sarà troppo tardi?
Ma è così automatico che, se si verifica un aumento della domanda di energia, l’unica risposta possibile sia l’aumento dell’offerta?
Se lo chiede Maurizio Pallante nel suo libro intitolato “Un futuro senza luce?”.
L’autore propone un interrogativo tanto semplice quanto illuminante:“Ho un secchio bucato e sto provando a riempirlo d’acqua con una bottiglia, ma non riesco. Cosa posso fare?”
Vengono proposte tre diverse soluzioni:

a) Sostituire la bottiglia con un bottiglione
b) Sostituire la bottiglia con un bicchiere
c) Chiudere i buchi del secchio in modo che dopo mi basti un bicchierino a riempirlo.

La strada che fin’ora abbiamo sempre percorso è la prima, cioè rispondere alla maggior domanda con una maggior offerta, sprecando a dismisura le risorse limitate di cui disponiamo senza pensare al dopo, a quando cioè i mezzi a disposizione non saranno più abbondanti.
In tanti, io per prima, per ovviare a questo inconveniente direbbero di passare alle energie rinnovabili, che in quanto tali sono illimitate. Bisogna però riconoscere che attualmente sarebbe come riempire il nostro secchio con un bicchierino, in quanto “le fonti rinnovabili non sono né illimitate né pulite, perché per essere utilizzate devono passare attraverso una mediazione tecnologica che inevitabilmente sfrutta solo una parte delle loro potenzialità e introduce forme di impatto ambientale. Ma quel che è peggio, se l’umanità riuscisse veramente a dotarsi di un’energia illimitata, diventerebbero senza limiti le sue potenzialità di saccheggiare, stravolgere e distruggere l’intero ecosistema terrestre.”
Cosa possiamo fare quindi per riempire il nostro secchio bucato, la nostra infinita sete di energia? Iniziamo a sfruttare la tecnologia, potenziandola il più possibile cercando di azzerare gli sprechi, in questo modo indurremo una diminuzione della domanda, e la quantità di energia prodotta dalle fonti rinnovabili che oggi incide solo per un 10% potrà finalmente rappresentare una percentuale decisiva.
Cosa intendiamo per secchio bucato? Pensiamo ad esempio a due cose molto semplici e presenti nel quotidiano di tutti, il riscaldamento e il condizionamento, pensiamo all’utilizzo assurdo che ne viene fatto in alcuni casi, purtroppo neanche troppo isolati. Quando fuori ci sono 30 gradi si tiene il condizionatore a 18, quando invece è inverno e fuori ci sono 0 gradi il riscaldamento è a 30…in sostanza facciamo di tutto per usare il maglione d’estate e girare in mutande d’inverno… ma che senso ha? Non c’è forse un delirio di onnipotenza in questi atteggiamenti!?
Proviamo a pensare le conseguenze che scaturiscono dalle due diverse reazioni all’aumento della domanda di energia.
1-Rispodiamo all’aumento della domanda con un aumento dell’offerta, al crescere dell’offerta aumentano di conseguenza anche i costi e le emissioni di CO2, le quali a loro volta aumentano la temperatura terrestre, ne consegue un maggior utilizzo di condizionatori, e qui si genera un circolo vizioso infinito…”la cura dei sintomi aggrava progressivamente la causa del male”.
2-All’aumento della domanda rispondiamo con una diminuzione di consumi, attraverso una crescita di efficienza. Questo consente la riduzione di emissioni di CO2, un conseguente calo della domanda e l’abbassamento dei costi dell’energia. Questo “mette in moto un circolo virtuoso molto interessante. I risparmi possono infatti essere utilizzati per ammortizzare gli investimenti necessari a installare le tecnologie più evolute che li fanno ottenere, per cui la crescita dell’efficienza energetica si paga da se.”.
Geniale! Non credete anche voi?!
Bene passiamo allora a vedere alcuni esempi di tecnologie che portano ad una migliore “efficienza energetica”.
Cominciamo da quelle che vengono chiamate “case passive”. Parliamo di case il cui “fabbisogno di energia termica non deve superare i 15 kwh/mq di superficie calpestabile all’anno”, questo fabbisogno “deve essere soddisfatto senza l’apporto di un impianto di riscaldamento.
Devono bastare i contributi dell’irraggiamento solare, del metabolismo delle persone che li abitano, delle dispersioni termiche degli elettrodomestici e delle lampadine, del calore prodotto per cucinare. Nelle condizioni climatiche più rigide si può utilizzare un sistema centralizzato di ricambi d’aria con scambiatore di calore, che richiede consumi di energia elettrica così modesti da poter essere soddisfatti con fonti rinnovabili”.
Non stiamo parlando di case ipotetiche, la prima è stata costruita in Germania nel 1990, ma sono presenti anche nei paesi scandinavi, in Austria, in Svizzera, in Francia e in Italia. Stiamo quindi parlando di Paesi dell’Europa centro-settentrionale, “alcune sono state costruite in zone climatiche dove d’inverno la temperatura notturna scende regolarmente a 20 gradi sotto zero”.
Nonostante questi ottimi risultati la tecnologia non si arresta e continua a perseguire la volontà di migliorarsi, infatti come afferma Wolfgang Feist, dirigente del Passivhaus institut di Darmstadt vicino a Francoforte, “vogliamo ridurre gli extra-costi delle case passive, che in una decina d’anni sono già scesi fino a diventare appena il 10% in più delle costruzioni normali. In secondo luogo vogliamo fare un salto di qualità, passando da edifici che non consumano energia per il riscaldamento a edifici che producono in modi efficienti e puliti l’energia elettrica di cui hanno bisogno e l’energia termica per gli usi sanitari”.



L’ing.Palazzetti è stato responsabile del Centro Ricerche Fiat e si occupava di riciclo di materiale, energia solare , biogas, agricoltura organica, biomasse, uso razionale dell’energia. La sua filosofia guida era:”dove c’è una fiamma ci deve essere un motore” per recuperare l’energia termica che altrimenti andrebbe buttata. È sua l’invenzione del cogeneratore Totem (Total Energy Module), un motore che genera energia elettrica e che recupera allo stesso tempo il calore generato dallo stesso, per riscaldare ad esempio le stanze di una casa. Sempre nell’ottica della diminuzione degli sprechi l’ing.Palazzetti ha brevettato il davanzale attrezzato, studiato per evitare l’apertura delle finestre per il ricambio d’aria nelle stanze, che oltre a comportare un notevole raffreddamento dell’aria d’inverno e riscaldamento d’estate, apre un varco per l’ingresso in casa dell’inquinamento esterno.
Sempre l’ing.Palazzetti ha inventato il lavandino termodinamico che utilizza un riscaldatore elettrico posizionato direttamente sul lavandino, per evitare le dispersioni di calore lungo le tubazioni, inoltre il calore dell’acqua di scarico viene utilizzato per riscaldare il flusso dell’acqua corrente.
Sono tantissimi i modi per ottimizzare la resa di qualsiasi apparecchiatura e questo dovrebbe interessare non solo per motivi ambientalisti, ma anche e soprattutto per motivi economici, poiché come diceva il nostro caro zio Paperone:”ogni cent risparmiato, è un cent guadagnato” e oltre a risparmiare cent risparmiamo risorse preziose e, più abbondanti sono le risorse, più basso è il prezzo e più competitivi sono i prodotti, in sostanza è l’economia per prima che ci guadagna… insomma ma perché non vogliono capirla???
E invece no! Nel 2002 è entrato in vigore il decreto “fari accesi” secondo cui, oltre alle moto, ora anche le macchine devono tenere gli anabbaglianti accesi anche di giorno nel percorrere le autostrade. Il tutto per “nostra maggior sicurezza”,(Nota di V:della nostra sicurezza non importa niente a nessuno,importa aumentare i consumi,tagliare le spese e rubarci i pochi cent che ci rimangono in tasca,vedi le multe!!!!!Servono solo a risanare i bilanci di comuni ormai tutti in rosso,indovinate perchè?IGB) poiché nei Paesi dove era già in vigore questa legge (i paesi del Nord, che notoriamente sono più rispettosi del codice stradale di quanto non lo siano gli italiani) c’erano meno incidenti stradali che da noi. Secondo le associazioni dei consumatori, questa disposizione costa agli automobilisti 60 euro all’anno per maggiore consumo di carburante e 10 euro per usura delle parti elettriche.
Secondo un altro studio, le emissioni di co2 aumentano di 2,9 milioni di tonnellate, da respirare a pieni polmoni!!! Ma quello che senz’altro è molto più interessante è che questo bel giochino, senza fare niente e senza che nessuno se ne accorga, quindi senza perdere il consenso e i voti degli elettori, porta in taschina del nostro caro Erario la bellezza di 900 milioni di euro all’anno di tasse!!!
In sostanza per spillarci un po’ di soldi e tenersi i nostri voti, ci riempiono i polmoni di co2 e, secondo i dati del 2002 in cui i mezzi circolanti erano 37,5 milioni, buttano al vento 1 MILIARDO e 500 MILIONI di carburante, che ricordo essere una risorsa LIMITATA!!!
Non è così che possiamo risolvere i nostri problemi energetici, non è così che riusciremo a onorare gli impegni , fra l’altro ridicoli, presi a Kyoto. È come cercare di riempire una tazzina d’acqua con una pompa antincendio a 10 atmosfere… la massima espressione di efficienza!
L’unica strada per diminuire le emissioni di co2 è fare in modo che la percentuale di utilizzo delle energie pulite diventi considerevole e questo è possibile solo con l’ottimizzazione di ogni processo energetico.
“Bisogna aumentare l’efficienza delle centrali esistenti, non più con grandi impianti ma con una miriade di piccoli e medi impianti finalizzati all’autoconsumo e collegati alla rete in modo da riversarvi le eccedenze quando la produzione supera il consumo e di attingervi quando il consumo supera la produzione”. Siamo stati abituati ad avere grandi centrali elettriche che generano, smistano e distribuiscono l’energia, perché è la soluzione più semplice da gestire (e diciamolo la più conveniente per chi vuole tenerci lontano dalla gestione dei nostri più fondamentali bisogni), ma non è detto sia la più efficiente.
La soluzione ottimale sarebbe invece avere tante piccole centrali decentrate, anche perché ci sarebbe un minore spreco solo dovuto al fatto che l’energia sarebbe generata direttamente nel luogo dove verrebbe utilizzata, con conseguente diminuzione di dispersione di energia per il trasporto:“Le piccole e medie taglie sono le dimensioni elettive per le fonti rinnovabili. L’autoproduzione costituisce pertanto uno strumento insostituibile per la loro diffusione, e la loro convenienza economica crescerà in misura proporzionale alla crescita dei prezzi delle fonti fossili. Solo l’affermazione del trinomio liberalizzazione-autoproduzione-efficienza energetica e fonti rinnovabili, consentirà di sostituire il trinomio fonti fossili-grandi impianti-monopolio. E solo questo cambiamento tecnologico, organizzativo ed economico consentirà di ridurre le emissioni di co2 e le cause di guerra innescate dalla necessità di controllare le aree dove sono concentrati i giacimenti petroliferi. ”
Spero di non aver annoiato nessuno, e di avervi fatto conoscere qualcosa di nuovo, consiglio a chi fosse interessato all’argomento di leggere il libro sopra citato di cui ho riportato qua e là qualche brano. Allego di seguito i video di una puntata di Report di marzo dello scorso anno, che ho trovato molto interessante, poiché illustra come c’è anche chi ha voglia di crescere non tanto nel Pil quanto in efficienza, ci sono i modi, basta volerli applicare.
Volere è potere!"

1-
2-
3-
4-
5-
6-
7-
8-
Luisab